14.10.2025
A Buenos Aires l'iconica Palestra Nazionale, un muro di arrampicata in pietra naturale dove generazioni di climber si sono formate per le grandi salite andine, rischia la demolizione per far posto a una nuova autostrada. La comunità dell’arrampicata argentina si mobilita per salvare un patrimonio unico e insostituibile.
In una città priva di vette, dove il profilo urbano si staglia piatto contro l’orizzonte della Pampa, pulsa da oltre quarant’anni il cuore roccioso dell’alpinismo argentino: la Palestra Nazionale di Andinismo di Buenos Aires. Questo straordinario muro di arrampicata, interamente costruito con pietre naturali importate dalla provincia di San Luis, rappresenta da 43 anni un unicum nel panorama mondiale e una palestra insostituibile per generazioni di amanti della montagna.
La Palestra si erge per 17 metri e si sviluppa su 2.400 metri quadrati con oltre 150 itinerari diversi, dal 5c al 7b, caratterizzati da fessure, diedri e camini che richiamano le pareti granitiche della Patagonia; ogni dettaglio è stato progettato per simulare le condizioni delle grandi classiche sudamericane.
“Quando ti trovi in Patagonia e vedi una fessura, ci entri con sicurezza perché l’hai già affrontata cento volte in città”, racconta Fabricio Gatti, istruttore CABA e climber con più di quindici anni di esperienza sui muri della Palestra. La struttura funge da vero simulatore naturale di arrampicata tradizionale: ogni settimana oltre cento fra atleti, aspiranti guide, pompieri e corpi speciali si allenano qui, valorizzando una formazione pratica che nessuna palestra indoor, con prese in plastica, può offrire. “I boulder artificiali sono utili, ma questo spazio è insostituibile per chi vuole davvero salire su cime vere”, sottolinea Maria Perin, giovane appassionata che si allena alla Palestra tre o quattro volte alla settimana.
Eppure, da sei anni l’esistenza di questo luogo è minacciata dai progetti di ampliamento del Puente Labruna: la nuova autostrada dovrebbe espandersi esattamente dove ora sorge la parete. La municipalità ha proposto la costruzione di un nuovo muro nel vicino Parco Olimpico, ma le caratteristiche tecniche e culturali della vecchia Palestra sono impossibili da replicare su cemento: “Le fessure vere non si fabbricano”, ribatte Gatti. L’unicità di questa struttura, oltre che nell’architettura, sta nella sua funzione sociale e formativa: proprio il CABA, fondato nel 1950, qui ha formato alpinisti di alto livello come i primi argentini sul Fitz Roy e sull’Everest.
Da agosto 2019 la comunità degli arrampicatori ha dato vita a una mobilitazione tenace, tra manifestazioni colorate nelle vie del quartiere Núñez, petizioni che hanno già raccolto 4.500 firme e continui appelli alle istituzioni perché il muro venga dichiarato bene culturale protetto. Al momento, un’ingiunzione giudiziaria impedisce la demolizione fino a una decisione definitiva. Ma il tempo stringe e la tensione cresce: la nuova infrastruttura dovrebbe essere pronta entro metà 2026 e la Palestra rischia davvero di sparire nel giro di mesi.
La vicenda della Palestra Nazionale interroga tutta la comunità dell’arrampicata internazionale sul valore dei luoghi di formazione, sul ruolo della cultura verticale in ambito urbano e sulla necessità di difendere spazi autentici dove tecnica e solidarietà crescono insieme. In un’epoca di palestre hi-tech e competizioni olimpiche, perdere un centro di questo tipo sarebbe una perdita irreparabile, non solo per gli alpinisti argentini ma per chiunque creda che arrampicare sia prima di tutto un’avventura condivisa e una scuola di vita reale. “Oggi La Palestra esiste, possiamo ancora salirla, insegnare ai giovani e trasmettere la nostra storia. Non vogliamo che tutto questo venga demolito”, conclude Perin, richiamando tutti a sostenere la battaglia per salvare la montagna più speciale di Buenos Aires.