30.10.2025
Con una serie di performance straordinarie, Janja Garnbret conferma il suo ruolo di icona mondiale nell’arrampicata. Dai trionfi in falesia alla conquista di blocchi proibitivi, la slovena continua a demolire barriere tecniche e culturali.
Nella comunità internazionale dell’arrampicata sportiva, poche figure sono in grado di generare entusiasmo e ispirazione come Janja Garnbret. La campionessa slovena, già due volte oro olimpico e collezionista seriale di Coppe del Mondo, ha di recente firmato una serie di imprese che riscrivono i limiti dell’arrampicata su roccia, sia su falesia che nel boulder.
Tutto comincia nella storica falesia di Massone, ad Arco, dove Janja ha effettuato una salita flash su Pure Dreaming, una via divenuta ormai leggendaria. Gradata originariamente 9a (che corrisponde a 8c+/9a nella scala francese), Pure Dreaming fu aperta da Alfredo Webber e resa famosa dalla prima salita di Adam Ondra. L’impresa di Janja stupisce non solo perché equivale a uno dei flash più duri mai realizzati da una climber – a oggi solo Ondra e Megos avevano toccato il 9a flash – ma anche perché la slovena ha scelto di non utilizzare kneepad e ha saltato un importante riposo no-hand, superando inoltre un crux su una presa recentemente rotta, potenzialmente ripristinando la difficoltà originaria della via. “Dopo aver banalizzato il primo crux, sono andata spedita verso la catena, un po’ ascoltando i consigli, un po’ improvvisando la beta”, ha commentato Garnbret, sottolineando la sintonia unica che la lega sia alla roccia che al mondo delle competizioni.
Non paga dello storico risultato in falesia, Garnbret ha puntato le attenzioni sull’impegnativa Val Daone, in Trentino, dove in pochi giorni ha conquistato non uno, bensì due blocchi di grado 8B+ (V14). Il primo è Rude, una linea esplosiva su piccole tacche e un tetto severo. Il secondo, ancora più emblematico, è L’Oppio dei Climbers, già teatro di prime salite da parte di Valdo Chilese, Stefano Ghisolfi e Adam Ondra. In entrambi i casi, Janja ha impressionato per efficienza e determinazione: “Quick work of Rude”, ha scritto su Instagram a proposito della linea, in una giornata definita “bellissima” per arrampicare all’aperto.
Non va dimenticato che Garnbret ha già alle spalle salite iconiche di blocchi di 8C (V15), come Bügeleisen Sit in Austria. La sua ascesa costante è impreziosita dal fatto che in pochi, e ancora meno donne, abbiano affiancato risultati simili fra falesia e boulder. Come nota l’alpinista Michele Caminati, presenza fondamentale durante la flash di Pure Dreaming, “Janja dimostra che l’allenamento in competizione, legato a una mentalità aperta e curiosa, permette di spostare continuamente l’asticella di ciò che si crede possibile”.
I risultati di Garnbret impattano anche a livello culturale e sociale: la sua versatilità rafforza il concetto di uno sport in rapida evoluzione, aperto a nuove generazioni e a un pubblico sempre più vasto. Località come Arco e Val Daone, già mete imprescindibili per i climber internazionali, vedono confermata la loro centralità grazie a imprese che portano economicamente e mediaticamente benefici tangibili ai territori.
Guardando al futuro, la storia scritta da Garnbret è soltanto un capitolo di una disciplina in fermento. L’esempio della slovena sta ispirando un numero crescente di giovani atlete e atleti, pronti ad abbattere nuovi muri, sia tecnici sia culturali. L’arrampicata, alle porte di Parigi 2024 e sulla scia del boom outdoor post-pandemico, sembra dunque pronta a una nuova rivoluzione: quella in cui il limite viene ridefinito ogni giorno, sulla roccia come sulla plastica, da chi non ha paura di osare.