28.9.2025

Carlos Soria, il Manaslu e la seconda giovinezza a 8.163 metri: record a 86 anni

A 86 anni Carlos Soria ha raggiunto per la seconda volta la vetta del Manaslu (8.163 m), diventando la persona più anziana a salire un Ottomila e celebrando il 50° anniversario della spedizione spagnola del 1975. Con 12 Ottomila all’attivo, gli mancano solo Dhaulagiri e Shishapangma.

Carlos Soria, il Manaslu e la seconda giovinezza a 8.163 metri: record a 86 anni

A 86 anni compiuti, Carlos Soria ha riscritto la storia dell’alpinismo d’alta quota raggiungendo la vetta del Manaslu (8.163 m) per la seconda volta e diventando la persona più anziana a salire un Ottomila, superando il primato di Yuichiro Miura (81 anni sull’Everest nel 2013). L’alpinista spagnolo ha toccato la cima il 26 settembre, in quella finestra d’autunno che da anni regala al Manaslu giornate terse ma anche seraccate instabili e pendii delicati. Per Soria, l’impresa ha un valore che va oltre il dato anagrafico: è un cerchio che si chiude cinquant’anni dopo la storica spedizione spagnola del 1975, a cui partecipò fermandosi allora attorno ai 7.000 metri.

Il progetto, partito a fine agosto, aveva un obiettivo chiaro: tornare sul “monte dello spirito” celebrando un anniversario simbolico e misurandosi di nuovo con l’alta quota. “Carlos Soria raggiunge la vetta del Manaslu 50 anni dopo! A 86 anni l’alpinista spagnolo riesce a raggiungere la vetta in una giornata emozionante. L’obiettivo ora è arrivare al campo 2 per riposare e domani tornare al campo base”, si leggeva sui canali social della spedizione poco dopo il summit. Con lui sul terreno, tra gli altri, il compagno di cordata e film‑maker Luis Miguel Soriano e il supporto della squadra di high altitude sherpa, tra cui Nima e Mikel Sherpa; in team anche Pedro Mateo e Juan Boada, sebbene senza ambizioni di vetta.

La cronaca è solo la punta dell’iceberg di una carriera che continua a stupire per longevità e costanza. Due anni fa Soria si era fratturato una gamba sul Dhaulagiri sopra i 7.000 metri; pochi mesi fa era tornato a respirare vento forte sulle Ande con l’Aconcagua. La sua progressione sugli Ottomila è una lezione di meticolosità: K2 a 65 anni (2004), Broad Peak a 68 (2007), Makalu a 69 (2008), Gasherbrum I a 70 (2009), Manaslu a 71 (2010), Lhotse a 72 (2011), Kangchenjunga a 75 (2014), Annapurna a 77 (2016). È l’unico alpinista ad aver raggiunto dieci cime oltre gli ottomila dopo i 60 anni e oggi conta 12 dei 14 Ottomila: mancano solo Dhaulagiri e Shishapangma (su quest’ultimo pesa ancora la questione del riconoscimento ufficiale della cima centrale).

Il significato sportivo del Manaslu 2025 è enorme: non è solo un record, è la conferma che programmazione, acclimatazione paziente e capacità di leggere la montagna possono prolungare una carriera ben oltre i confini consueti. “A 86 anni, quando molti fanno fatica a stare dritti, la sua determinazione è straordinaria… Carlos è un alpinista di un altro livello”, ha commentato Mingma Sherpa, sintetizzando lo stupore del mondo himalayano di fronte a questa resilienza.

Per chi vive l’alta quota, il Manaslu rimane un terreno complesso: dal labirinto del ghiacciaio fino ai traversi superiori, dove l’esposizione e il rischio oggettivo si sommano alle scelte tattiche su orari e tracciato. In autunno, la stabilità della neve può cambiare in poche ore e distinguere tra successo e rinuncia. In questo quadro, l’esperienza di Soria diventa un manuale pratico: gestione del ritmo, ossigeno supplementare calibrato quando necessario, turni di riposo al campo 2 e 3, e un affiatamento di squadra che riduce l’errore.

L’eco culturale della sua impresa supera il recinto degli appassionati. In Spagna, come in molte valli himalayane, l’alpinismo è una risorsa identitaria ed economica; raccontare che a 86 anni si può ancora sognare—e realizzare—una cima da 8.000 metri alimenta una narrativa positiva sulla longevità attiva, ma apre anche riflessioni su etica, preparazione e responsabilità. Non è un invito all’emulazione, bensì un promemoria di cosa significhino metodo e passione.

Guardando avanti, la domanda è inevitabile: tenterà Dhaulagiri e Shishapangma? Se lo farà, sarà nel segno di una tradizione personale fatta di prudenza e perseveranza. Qualunque sia la scelta, questo Manaslu resta una pietra miliare che ridisegna i confini della performance in alta quota. Per la comunità alpinistica, il messaggio è chiaro: l’età è una variabile importante, ma non è un destino. Il futuro potrebbe vedere strategie di acclimatazione sempre più personalizzate, supporti tecnici mirati e—soprattutto—progetti a lungo termine capaci di far convivere ambizione e sicurezza.

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